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Mag 2017

Con la sentenza 9 marzo 2017, causa C-398/15, la Corte di Giustizia dell’Unione europea pone un importante limite al rischio che informazioni registrate e rese accessibili al pubblico in forza di specifici obblighi di legge possano essere oscurate in nome del diritto alla privacy dei singoli.

La vicenda ha inizio nel 2007, quando l’amministratore di una società si era rivolto al Tribunale di Lecce perché ordinasse alla Camera di commercio locale la cancellazione dal Registro delle imprese dei dati che lo collegavano (quale amministratore unico e poi liquidatore) ad una società fallita nel 1992 e cancellata dal registro delle imprese nel 2005: l’imprenditore sosteneva che l’accessibilità di tali dati ostacolava l’attività immobiliare che svolgeva con una nuova società, dissuadendo i potenziali acquirenti.

La richiesta veniva accolta ma la Corte di Cassazione, davanti alla quale la Camera di Commercio di Lecce aveva impugnato la decisione del Tribunale, decideva (con ordinanza del 21 maggio 2015) di investire della questione i Giudici della CGUE, chiedendo se la Direttiva 95/46/CE sulla tutela dei dati personali e la Direttiva 68/51/CE in tema di pubblicità degli atti delle società costituiscano un ostacolo al fatto che chiunque possa, senza limiti di tempo, accedere ai dati relativi alle persone fisiche contenuti nel registro delle imprese.

La Corte di giustizia ribadisce che la pubblicità del registro delle imprese è intesa a garantire la certezza del diritto nelle relazioni tra le società ed i terzi, tutelando gli interessi dei terzi rispetto alle società di capitali che offrono come unica garanzia il proprio patrimonio sociale.

Ci si è chiesti se l’interessato possa chiedere di cancellare o comunque limitare l’accesso ai dati che lo riguardano, decorso un certo periodo di tempo dalla cessazione dell’attività della società ma la Corte ha escluso che il semplice decorso del tempo o la cessazione dell’attività facciano venir meno l’interesse dei terzi a poter disporre delle informazioni registrate, tenuto anche conto del numero limitato di dati personali iscritti nel registro delle imprese.

La Corte ha tuttavia ammesso che, in casi particolari e da valutare in concreto, decorso un periodo sufficientemente lungo dopo lo scioglimento della società interessata, le persone fisiche possano chiedere che l’accesso dei terzi a tali dati sia limitato: la valutazione spetta agli Stati membri.

Saranno, dunque, i singoli legislatori nazionali a decidere se prevedere che gli interessati possano chiedere all’autorità incaricata della tenuta del registro di verificare la possibilità di limitare l’accesso ai dati che li riguardano: l’eventuale limitazione dovrà avvenire in ipotesi eccezionali, da valutarsi caso per caso e ove ricorrano ragioni preminenti e legittime connesse alla situazione particolare dell’interessato e, comunque, decorso un periodo sufficientemente lungo dopo lo scioglimento della società interessata.