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Ago 2018

Con sentenza depositata il 10 luglio 2018, la Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea ha stabilito che la raccolta, attraverso la predicazione porta a porta, e il successivo trattamento di dati personali da parte dei membri di una comunità religiosa sono soggetti alla normativa in materia di protezione dei dati personali.
La vicenda trae origine da un provvedimento con il quale il Garante Privacy finlandese nel 2013 aveva vietato ai Testimoni di Geova di raccogliere o trattare dati personali, nell’ambito della loro attività di predicazione porta a porta, senza che fossero soddisfatti i requisiti legali previsti dalla legge.
Secondo quanto constatato dai giudici finlandesi, cui la comunità religiosa aveva fatto ricorso, i predicatori porta a porta prendono appunti sulle visite effettuate a persone che non conoscono, raccogliendo dati personali come il nome e l’indirizzo, informazioni sul loro credo religioso e sulla loro situazione familiare. Questi dati, raccolti in un promemoria, vengono utilizzati per effettuare visite successive, senza che gli interessati ne siano stati informati e tanto meno senza che abbiano prestato il loro consenso. Oltre a ciò, non sono stati implementati nemmeno adempimenti verso il trattamento dei dati dei predicatori stessi.
La Corte Amministrativa Suprema della Finlandia aveva chiesto alla Corte di Giustizia di accertare in via pregiudiziale se i membri della comunità religiosa fossero soggetti o meno alle regole dell’UE in materia di data protection (la sentenza fa riferimento alla Direttiva UE 95/46 vigente nel 2013 ed abrogata dal Regolamento UE 2016/679, ma il principio vale anche per il nuovo regolamento).
La Corte Europea ha concluso che l’attività di predicazione porta a porta dei membri della comunità dei testimoni di Geova non rientra tra le eccezioni previste dal diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali in quanto tale attività non costituisce un’attività meramente personale o domestica (nel qual caso la normativa non si applicherebbe) sa e per tutte le altre comunità religiose).
Osserva la Corte che l’attività di predicazione porta a porta “è una forma di azione fondamentale della comunità dei testimoni di Geova, organizzata e coordinata da quest’ultima e dalle sue congregazioni; essa ha per sua stessa natura la finalità di diffondere il credo della comunità” ed è quindi “diretta verso l’esterno della sfera privata dei membri predicatori”.
È risultato, inoltre, che alcuni dei dati raccolti vengono utilizzati per elaborare elenchi gestiti dalle congregazioni di tale comunità e riguardanti i soggetti che non desiderano più ricevere visite: la Corte conclude che anche tali elenchi costituiscono degli “archivi”, perché -pur in mancanza di un processo di automatizzazione- la comunità acquisisce un insieme di dati “strutturati secondo criteri specifici che consentono, in pratica, di recuperarli facilmente per un successivo impiego”.
Infine, la Corte europea considera anche la comunità religiosa, congiuntamente ai suoi membri predicatori, responsabile del trattamento di dati personali effettuato dai membri nell’ambito di un’attività di predicazione organizzata, coordinata e incoraggiata da tale comunità, senza che sia necessario che la comunità abbia accesso a quei dati o che abbia fornito incarichi o istruzioni ai suoi membri circa quei trattamenti.