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Nov 2017

Il diritto all’oblio torna alla ribalta con la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso Fuchsmann c. Germania.
L’oggetto della richiesta era la cancellazione della notizia dall’archivio web del NY Times, dove erano reperibili le informazioni relative ai presunti rapporti del ricorrente -uomo d’affari- con la criminalità organizzata russa, come risultanti da un’inchiesta del FBI.

La sentenza è interessante perché riepiloga i criteri di bilanciamento elaborati dalla giurisprudenza comunitaria tra diritti di pari rango, quello alla privacy in senso lato, da una parte, e quello di informazione e libertà di espressione, dall’altra parte.

Quel che interessa in questa sede, tuttavia, non è commentare tali criteri ma cercare di capire in cosa consista il c.d. diritto all’oblio, anche perché non vi è ancora una sua disciplina positiva.

Appena si affronta il diritto all’oblio, viene da chiedersi cosa esso sia veramente (o, addirittura, se esso esista effettivamente). Se, secondo l’opinione prevalente, esso è una declinazione del più ampio diritto alla riservatezza, nel senso che la privacy di un soggetto può estrinsecarsi anche sotto forma di diritto ad essere “dimenticato” o, meglio, diritto che certe informazioni che lo riguardano non siano più conoscibili da terzi, nulla dice in proposito il nostro codice privacy e nulla dice, nella sostanza, il GDPR: quest’ultimo, infatti, pur avendo presente il problema, al punto di rubricare l’art. 17 come “Diritto alla cancellazione (diritto all’oblio)”, non sembra poi disciplinarlo nel concreto. Le fonti del diritto all’oblio, dunque, sono solo giurisprudenziali e, per quanto se ne possano ricavare principi generali, si tratta pur sempre di pronunce su singoli casi.

Se si affronta il problema dal punto di vista dei c.d. nuovi media (pagine web e relativa indicizzazione, social network), dove più ricorrente è la richiesta di tutela, bisogna fare una serie di distinzioni: con riferimento all’interessato, va probabilmente distinto il cittadino qualsiasi dal soggetto pubblico o dal soggetto di interesse pubblico; con riferimento alla fonte informativa, va probabilmente distinto se trattasi dell’archivio di una testata giornalistica o di una fonte non rientrante nell’ambito della stampa; con riferimento al mezzo tecnologico di diffusione della notizia, va probabilmente distinto tra il problema dell’indicizzazione da parte del motore di ricerca e la gestione del social network.

Analoga partita si apre con riferimento ai mezzi di comunicazione c.d. tradizionali (stampa cartacea, radio, TV).

C’è speranza di poter ricondurre il diritto all’oblio ad un concetto unitario, con così tante distinzioni? Se si vuole istituirlo positivamente e tutelarlo, infatti, non si può prescindere da una sua definizione il più possibile univoca.

Forse uno spunto è ricavabile dal motivo che di solito spinge l’interessato ad invocare il diritto all’oblio, motivo ben evidenziato proprio nella citata sentenza Fuchsmann c. Germania: “The applicant alleged, in particular, that the domestic courts had failed to protect his private life by refusing to stop the circulation of an online newspaper article, allegedly damaging the applicant’s reputation“. L’interessato invocava il rispetto -tra le altre norme- dell’art. 5 della costituzione tedesca, che tutela il “personal honour”.

L’oblio, in realtà, non è invocato come un diritto a sè stante ma come strumento di tutela della reputazione del soggetto. Il bene giuridico da tutelare è la reputazione del soggetto, messa a repentaglio -con particolare riferimento ai c.d. nuovi media- dalla facilità con cui la notizia è reperibile da chiunque, anche fuori contesto.

Il legislatore, a questo punto, si trova di fronte ad un bivio: o decide che sussiste un diritto all’oblio a prescindere dalla sua lesività reputazionale, cioè un diritto ad essere puramente e semplicemente dimenticati, oppure disciplina le modalità di esercizio dello strumento di cancellazione delle informazioni in relazione allo loro lesività della reputazione personale.

La disciplina rimane tutta da costruire ma individuare il bene della vita che si intende tutelare viene prima di tutto il resto.