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Set 2017

Il prossimo 28 maggio entrerà in vigore il nuovo Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), una sorta di legge europea sulla privacy che si propone di armonizzare le discipline nazionali, introducendo un unico corpus di regole valide per tutti gli stati membri dell’UE (attualmente 28).

Le aziende cominciano, dunque, a preoccuparsi degli adempimenti necessari per “mettersi in regola” ed anche Google, Microsoft e Amazon hanno annunciato che stanno lavorando a cambiamenti operativi per adeguarsi alla nuova disciplina; ancora nessun comunicato, invece, da parte di Facebook.

Come evidenziato in un articolo comparso su Forbes, in effetti, proprio le nuove regole europee potrebbero inserirsi in modo pesante nella competizione tra Google e Facebook, i due colossi dell’economia digitale statunitense che possiedono più del 70% del mercato degli annunci digitali.

La questione riguarda proprio gli annunci pubblicitari mirati (targeted ads), che assicurano ogni anno enormi guadagni alle due società: Facebook e Google hanno sviluppato dei sofisticati algoritmi di targeting, che consentono loro di proporre l’annuncio pubblicitario giusto al momento giusto e alla persona giusta (un annuncio mirato vale quasi il triplo di un annuncio generico, fatto “alla cieca”).

Negli Stati Uniti, il c.d. marketing digitale è perfettamente legale.

In Europa, viceversa, il GDPR proibisce il trattamento e l’uso di dati personali per annunci mirati senza l’esplicito consenso dell’interessato.

Gli algoritmi di Google e di Facebook usano i nostri dati personali ma ciò che fa la differenza è il modo in cui lo fanno: Facebook individua l’annuncio mirato sapendo chi è l’utente; Google lo fa sapendo cosa sta cercando l’utente.

Poniamo il caso che Tizio abbia appena cominciato a praticare una nuova attività sportiva: pubblicherà su Facebook continui aggiornamenti sui propri progressi (l’abbigliamento acquistato, le attrezzature, la palestra specializzata, ecc.). Gli algoritmi di Facebook, quindi, profileranno Tizio come persona interessata ad acquistare beni o servizi riguardanti quell’attività sportiva; anche Google lo classificherà nello stesso modo ma sulla base delle frequenti ricerche fatte da Tizio sui suoi siti con riferimento a quella pratica sportiva.

La differenza consiste nel fatto che Facebook sceglie gli annunci mirati per Tizio perché sa chi è Tizio: ne conosce sesso ed età; sa che ha iniziato quello sport; sa che ha amici che si interessano a quello sport e che gli piacciono alcuni dei loro posts; Facebook conosce i dati personali di Tizio, persona identificabile, e elabora gli annunci mirati sulla base di quei dati personali.

Google, invece, non ha bisogno di sapere chi è Tizio: l’unico dato che serve a Google per elaborare gli annunci mirati è che un soggetto anonimo sta cercando una palestra in una certa zona: i titolari di palestre di quella zona pagheranno per poter avere degli annunci pubblicitari mirati a quel soggetto.

Sia chiaro, anche Google tratta una miriade di nostri dati personali, specialmente se abbiamo un account registrato di Google (gli algoritmi, per esempio, analizzano i contenuti e i metadati di ogni messaggio di posta elettronica inviato e ricevuto in Gmail).  Google, tuttavia, ha il vantaggio di poter svolgere attività di targeting anche a prescindere dai nostri dati personali, elaborando annunci mirati alle persone in base a ciò che cercano.

Le aziende statunitensi hanno a lungo ignorato o cercato di eludere, comunque, le normative privacy degli stati europei: il GDPR si propone di cambiare le cose anche attraverso la previsione di pesantissime sanzioni.

Il GDPR non impedirà a Facebook di proporre annunci non mirati, né impedirà agli utenti di dare il proprio esplicito consenso all’uso dei propri dati a scopi pubblicitari. Tuttavia, come detto, un annuncio generico vale molto meno di uno mirato e i cittadini dei paesi europei tendenzialmente sono pochi inclini a dare il proprio consenso per l’uso a fini commerciali dei propri dati.

Inoltre, il GDPR sembra essere solo l’inizio di un più vasto movimento a favore della privacy in quanto numerosi altri Stati (come Argentina, Canada, Svizzera, Israele e Nuova Zelanda) sembrano intenzionati ad adottare un’impostazione in materia di  privacy simile a quella dell’UE.

Si potrà, quindi, immaginare un prossimo futuro in cui le norme sulla privacy divideranno il globo in due campi: gli USA, da una parte, e il resto del mondo, dall’altra, con Facebook che avrà campo libero solo negli USA mentre Google potrà continuare a imperversare ovunque.