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Lug 2019

Silicio è il materiale con cui sono fatti i microprocessori, Silicon (cioè silicio) Valley è il posto dove hanno sede alcune tra le più importanti società di informatica del mondo.

Silicio è anche il titolo della recente autobiografia di Federico Faggin, talento italiano, inventore -tra l’altro- del microprocessore, cuore di ogni computer moderno.

Gli spunti che offre la lettura del libro sono numerosi ma due meritano particolare attenzione, per la loro rilevanza giuridica.

Il primo.

Faggin si è mosso in un mondo estremamente competitivo, dove la velocità di realizzazione determinava il successo o il fallimento dell’impresa e dove non sono mancati i colpi bassi, che hanno lasciato il segno: il successo e la ricchezza ottenuti non hanno lenito che in minima parte l’amarezza per le ingiustizie morali subite, primo di tutti il tentativo di sottrargli la paternità delle proprie invenzioni. Troppo impegnato sul fare, ha trascurato il contorno di tutele giuridiche che forse gli avrebbero potuto evitare alcuni dispiaceri.

Il secondo.

Faggin ritiene -dopo aver pensato il contrario- che i computer non potranno mai arrivare ad avere una vera e propria intelligenza, equivalente a quella umana; ciò perchè mancherà loro sempre la coscienza, qualità che non si riesce a creare da semplici interazioni elettriche, per quanto veloci e sofisticate esse siano. Avevamo affrontato anche noi la questione nel nostro “l’interpretazione della legge è un fatto di coscienza: ci arriveranno mai le macchine?”: il punto di partenza era diverso, le conclusioni le stesse.

A conferma di ciò, basta guardare ai risultati pratici dell’automazione introdotta con il processo civile telematico, decisamente deludenti: l’impressione è che il prezzo pagato per non far più le file in cancelleria sia stato un aumento dei costi di accesso alla giustizia, una qualità delle decisioni in flessione, un ricorso sempre più ampio alla magistratura onoraria, tempi delle decisioni ancora troppo lunghi.

È vera gloria?