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Mag 2017

Il processo automatico è ancora fantascienza?

Mentre in Italia grandi energie intellettuali sono impiegate nel decidere se la notifica della copia per immagini di atto introduttivo sottoscritto digitalmente ma con procura a margine anziché separata costituisce inesistenza o nullità o invalidità o inefficacia o inopponibilità o inammissibilità o mera irregolarità dell’atto stesso, nonché dell’annessa procura, unitamente e/o disgiuntamente considerata, dall’altra parte dell’oceano da anni si stanno utilizzando ausili informatici alle decisioni giudiziarie.

La loro importanza è tale che stanno per finire essi stessi alla sbarra davanti alla Corte Suprema.

Nell’ambito penale, in particolare, algoritmi vengono utilizzati per calcolare il rischio di recidiva del reo e determinare, di conseguenza, la modalità concreta di esecuzione della pena tra più possibili alternative.

Il vero problema, per il quale uno specifico software di nome COMPAS finirà davanti alla Corte Suprema federale, è che il programma è fornito da una ditta privata ed il suo algoritmo è segreto: business is business!

Portando la cosa in Italia e imparando dagli errori altrui, questo è il tipo di situazione che non dovrebbe mai verificarsi, nel senso che il valore di una simile operazione deve stare anche nella sua assoluta trasparenza.
L’algoritmo diventerebbe l’equivalente in codice della motivazione della sentenza, strumento indispensabile di controllo della soggezione del giudice -anche elettronico- alla sola legge.