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Gen 2018

Il trasferimento al mondo immateriale di concetti originariamente elaborati per il mondo materiale va effettuato con molta cura, onde evitare pericolose semplificazioni, come è di recente accaduto alla parte di un ricorso per cassazione penale, incorsa in un corto circuito logico-giuridico a proposito di corrispondenza e di posta elettronica.

L’occasione è quella del sequestro del contenuto di uno smartphone, in particolare delle e-mail nello stesso memorizzate.

La corrispondenza gode di particolare tutela.

L’art. 15 della nostra costituzione recita che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge“.

L’art. 8 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (c.d. carta europea dei diritti dell’uomo) prevede espressamente che “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà individuali“.

L’art. 4, comma 2, lettera m), del codice della privacy definisce posta elettronica i “messaggi contenenti testi, voci, suoni o immagini trasmessi attraverso una rete pubblica di comunicazione, che possono essere archiviati in rete o nell’apparecchiatura terminale ricevente, fino a che il ricevente non ne ha preso conoscenza“.

Nella realtà, la posta elettronica è la versione informatica della corrispondenza cartacea: ci sono la busta, il messaggio, gli allegati, la firma, la conferma di ricevimento, la conferma di lettura, la certificazione del gestore, etc …

Il diritto civile ha recepito tale equiparazione, con notevoli ricadute nell’ambito giuslavoristico e processuale.

Nel diritto penale, l’equiparazione tra corrispondenza / posta cartacea e posta elettronica è normativamente sancita: l’art. 616 del codice penale, rubricato “violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza“, recita espressamente che “agli effetti delle disposizioni di questa sezione [la quinta, dedicata ai delitti contro l’inviolabilità dei segreti, del capo III, relativo ai delitti contro la libertà individuale] per corrispondenza si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza“.

Tale equiparazione si ritrova anche nella procedura penale, dove -tuttavia- bisogna fare attenzione al fatto che trattasi di norme dettate per la disciplina di un procedimento, dove fondamentale è la differenza tra la fase dinamica della corrispondenza, e cioè la consegna del messaggio al soggetto o al sistema incaricato del suo recapito al destinatario, e la fase statica, quando il messaggio è ancora presente presso il mittente, prima del suo invio, oppure quando è già stato ricevuto dal destinatario.

Ed infatti, l’art. 254 del codice di procedura penale, nel disciplinare il “sequestro di corrispondenza“, si riferisce ad attività svolte “presso coloro che forniscono servizi postali, telegrafici, telematici o di telecomunicazioni”, dove “è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica, che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato“.

Gli fa eco l’art. 353 del codice di procedura penale, relativo alla “acquisizione di plichi o di corrispondenza“, a termini del quale “1. Quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi, l’ufficiale di polizia giudiziaria li trasmette intatti al pubblico ministero per l’eventuale sequestro. 2. Se ha fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all’assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo, l’ufficiale di polizia giudiziaria informa col mezzo più rapido il pubblico ministero il quale può autorizzarne l’apertura immediata e l’accertamento del contenuto. 3. Se si tratta di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza, anche se in forma elettronica o se inoltrati per via telematica, per i quali è consentito il sequestro a norma dell’articolo 254, gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di urgenza, ordinano a chi è preposto al servizio postale, telegrafico, telematico o di telecomunicazione di sospendere l’inoltro. Se entro quarantotto ore dall’ordine della polizia giudiziaria il pubblico ministero non dispone il sequestro, gli oggetti di corrispondenza sono inoltrati“.

Prima di intraprendere la sua fase dinamica oppure una volta esauritala, la corrispondenza è tout court documentazione, sequestrabile ex art. 253 del codice penale come ogni documento che costituisca corpo del reato o cosa pertinente al reato, necessaria per l’accertamento dei fatti.

Come tale, la corrispondenza -sia nella sua fase statica che in quella dinamica- conserva degli ulteriori ambiti di tutela, che sono quelli previsti -rispettivamente- dall’art. 103, II e VI comma, del codice di procedura penale in tema di garanzie di libertà del difensore: “presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato” e “sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato“.

Chiaramente, visto tutto quanto detto sopra, nel concetto di “carte o documenti” e di “corrispondenza” sarà ovviamente ricompresa anche la “posta elettronica”: o no?

Vedremo in un prossimo post che non è così scontato, anzi.