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Mag 2017

I dati sensibili di un post pubblicato su Facebook non sono visibili soltanto dai nostri “amici”, anche se sono pubblicati in un profilo “chiuso”.

A ricordarcelo è ancora una volta il Garante della Privacy con un provvedimento [doc. web n. 6163649] con il quale ha ordinato a una madre di rimuovere dalla propria pagina Facebook i contenuti di due sentenze riguardanti il suo divorzio e nelle quali venivano trattati alcuni aspetti riguardanti l’intimità della sua vita familiare e concernenti, in particolare, la figlia minorenne.

Il Garante, intervenuto  in seguito ad una segnalazione dell’ex marito e padre della minore che lamentava una violazione del diritto alla riservatezza della figlia, ha innanzitutto rilevato che le sentenze pubblicate rendevano perfettamente identificabile la minore da parte delle persone che accedevano al profilo della madre (i dati identificativi della minore, tra l’altro, erano stati solo parzialmente rimossi) e contenevano dettagli delicati (anche inerenti la sfera sessuale) relativi al vissuto e ai disagi della bambina: tutti, evidentemente, dati sensibili.

Il Garante ha evidenziato l’opportunità di interpretare il Codice Privacy “alla luce dell’evoluzione tecnologica e della diffusione dei social network, strutturati per consentire comunicazione sistematica con estrema facilità”.

Va ricordato che l’art. 50 del Codice privacy vieta la pubblicazione “con qualsiasi mezzo” di notizie idonee a consentire l’identificazione di un minore coinvolto, a qualsiasi titolo, in un procedimento giudiziario e l’art. 52 vieta a “chiunque” di diffondere informazioni che possano rendere identificabili, anche indirettamente, i minori coinvolti e le parti in procedimenti in materia di famiglia.

Con il provvedimento in esame, il Garante ci ricorda che non vi è certezza che un profilo rimanga “chiuso” e accessibile unicamente a un gruppo ristretto di “amici” perché un profilo può essere facilmente modificato dal titolare, da “chiuso” ad “aperto”, in ogni momento ma, soprattutto, perché può sempre accadere che qualunque “amico” ammesso al nostro profilo condivida il nostro post sulla propria pagina, rendendolo così visibile ad altri utenti (e potenzialmente a tutti gli iscritti a Facebook).

Il Garante, ordinando la rimozione delle sentenze, ha anche sottolineato come proprio “l’estrema pervasività della divulgazione su Internet” aggravi notevolmente “rispetto a qualsiasi altro mezzo” la violazione di diritti dell’interessato (nel caso di specie una minore).

Ancora una volta, dunque, facciamo attenzione a quanto pubblichiamo su Facebook.