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Feb 2017

Le caselle di posta elettronica, assieme agli account di altri servizi come i social media, contengono una miniera di dati e informazioni sulle vite degli utenti (documenti, indirizzi, fotografie, progetti, ecc.) di grande valore sentimentale o anche economico.

Di questo siamo tutti, più o meno consapevoli, ma ci siamo mai chiesti cosa accade di questi dati dopo la morte dell’utente proprietario?

Su Facebook, per esempio, ci sono già milioni di account di persone scomparse ma il tema non riguarda solo Facebook: tutto ciò che è online continua a rimanere sul web anche dopo la morte; oppure rischia di essere cancellato in automatico dai server.
La questione è complessa e di non facile soluzione: la nostra legislazione, ad oggi, non consente di dare una risposta certa e definitiva.

Il problema è complicato anche dal fatto che il web è globale mentre le leggi che regolano la successione sono nazionali.

I casi sono numerosi: di poche settimane fa, per esempio, la notizia che –in seguito alla morte improvvisa di un proprio docente- l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) ne ha dapprima bloccato l’account universitario (che conteneva insieme a studi, ricerche e materiale di lavoro anche ricordi di famiglia, foto e messaggi personali) e ne ha poi cancellato l’identità digitale, impedendo così ai familiari e al suo più stretto collaboratore di accedervi liberamente.

Alcuni anni fa, aveva destato attenzione la decisione di un giudice americano che respinse “per motivi di privacy” il ricorso della figlia di un poeta (tal William Talcott) la quale aveva chiesto al provider (Yahoo) le credenziali necessarie per accedere alla casella di posta elettronica del padre (che conservava tutti i suoi scritti nella posta elettronica) dopo la sua morte, poiché lo stesso non aveva reso note a nessuno le sue credenziali di autenticazione.

Gli interessi in gioco sono molteplici.

Nel caso di una casella di posta elettronica, per esempio, il problema che si pone è se i dati personali da tutelare e contenuti nelle e-mail riguardano esclusivamente il soggetto deceduto o altri soggetti che hanno intrattenuto rapporti di comunicazione con il de cuius. Il Garante Privacy italiano (all’epoca Mauro Paissan), interpellato proprio in relazione al caso della figlia del poeta americano, ritenne che Yahoo avesse agito diligentemente in quanto «non si può consegnare a nessuno, nemmeno agli eredi, una casella di posta elettronica perché può contenere dati personali non soltanto del defunto ma di tutti i suoi interlocutori. L’accesso va proibito nel modo più assoluto. A differenza di un conto corrente bancario che gli eredi sono legittimati a conoscere una casella e-mail contiene una corrispondenza intima che deve rimanere segreta».

La violazione di una e-mail viene, in effetti, equiparata alla violazione della corrispondenza in quanto lo stesso art. 616 del nostro codice penale parifica la comunicazione telematica alla comunicazione cartacea.

A questo proposito, occorre ricordare che anche il semplice plico postale che si riceve a casa non potrebbe essere aperto da alcuno: l’art. 616 c.p. (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) protegge la segretezza e l’inviolabilità del contenuto di una corrispondenza.

Nel caso della posta tradizionale, è notorio come questa regola venga normalmente infranta sulla base di una tacita autorizzazione tra i conviventi e costituisce un comportamento spesso comprensibile in considerazione del rapporto affettivo che lega i conviventi come pure a causa del comune indirizzo di riferimento.

Nel caso della posta elettronica, invece, salva l’eventuale condivisione da parte di più persone di uno stesso indirizzo, l’e-mail potrebbe essere addirittura sconosciuta ai parenti più stretti e al suo interno possono essere contenuti dati sensibili relativi al de cuius (ad esempio quella persona era omosessuale o sieropositiva) e fatti intimi (aveva un amante) che questi non intendeva rivelare ai suoi eredi (oltre al fatto, come detto, che la lettura di eventuali comunicazioni provenienti da terzi o dirette ad essi consentirebbe di acquisire notizie riguardanti anche fatti intimi riguardanti i medesimi o, addirittura, i loro dati identificativi o sensibili).

La scelta migliore è anticipare il problema e nominare una persona fidata a cui consegnare le proprie password o un erede che possa avere accesso ai dati per un tempo limitato, decidendo se scaricarli o cancellarli: tale nomina può essere fatta anche con un testamento che, nel libero esercizio di un’autonomia privata, consente di trasferire ad un terzo tutte o una parte delle proprie credenziali.