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Feb 2017

(Garante Privacy, provvedimento 27/10/2016 n. 438)

Non si può invocare il diritto all’oblio per vicende giudiziarie di particolare gravità e il cui iter processuale si è concluso da poco tempo: in tali casi, prevale l’interesse pubblico a conoscere le notizie.

Con questa motivazione, il Garante Privacy ha respinto il ricorso presentato da un ex consigliere comunale che chiedeva la deindicizzazione di alcuni articoli relativi al suo coinvolgimento, una decina di anni fa, in una maxi indagine per corruzione e truffa a danno della sanità regionale (doc. web n. 5690378).

Di fronte al rifiuto di Google di rimuovere alcuni URL che risultavano digitando il suo nome e cognome nel motore di ricerca e che rimandavano alla vicenda giudiziaria, l’ex consigliere si era rivolto al Garante: considerato il lungo lasso di tempo trascorso da quei fatti e dal momento che egli era ormai un privato cittadino privo di alcun ruolo pubblico, il ricorrente lamentava che la permanenza in rete di quelle notizie gli stava arrecando un grave danno d’immagine, alla riservatezza e alla sua vita privata oltre a nuocere alla sua attuale attività lavorativa (egli lavorava ora nel settore immobiliare).

Nel rigettare il ricorso, invece, il Garante ha evidenziato che – nonostante il trascorrere del tempo rappresenti un elemento costitutivo del diritto all’oblio- tale elemento incontra comunque un limite quando le informazioni per le quali viene invocato risultino riferite a reati di particolare gravità.

Nel caso di specie, i fatti riportati negli articoli indicizzati riguardavano crimini di particolare gravità (riferendosi al coinvolgimento del ricorrente, in associazione delittuosa con altri e con ruolo non da comprimario, in reati contro la Pubblica amministrazione) che risalivano al 2006 ma la cui vicenda giudiziaria si era effettivamente definita per il ricorrente solo in epoca più recente, a seguito di una sentenza di “patteggiamento” pronunciata nel 2012.

Alcuni degli URL di cui veniva chiesta la rimozione, inoltre, riattualizzavano la notizia richiamandola in articoli pubblicati fino al 2015: secondo il Garante, la loro relativa attualità dimostra l’interesse ancora vivo e attuale dell’opinione pubblica nei confronti degli scandali che hanno interessato la sanità regionale negli ultimi anni.