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Giu 2017

Google, dunque, è un monopolista.

La tecnologia è una leva potentissima, in grado di creare, in tempo quasi reale, veri e propri giganti, difficili da contenere da parte degli stessi stati.

La difesa a caldo di Google -l’indomani dell’irrogazione della multa da 2,4 miliardi di euro da parte della Commissione Ue- è duplice: le sue dimensioni e la sua politica favorirebbero la diminuzione dei prezzi e lo stesso progresso tecnologico.

La prima è uno specchietto per le allodole, peraltro spesso invocato dalle stesse autorità comunitarie e nazionali per giustificare la soppressione di limiti alla concorrenza, tali o presunti tali (liberalizzazioni in materia di energia, telecomunicazioni, servizi professionali, etc.). I danni che molte di queste liberalizzazioni hanno creato sono sotto gli occhi di tutti e se per certi servizi il prezzo si è ridotto di qualche punto percentuale, in compenso la qualità è precipitata. Il parametro, quindi, non deve essere mai il solo prezzo, anche se è l’aspetto spesso di maggiore impatto e più facile da sbandierare.

Sul progresso tecnologico, forse la questione è più complessa.

Google dice che  -grazie a lui- startup quali Airbnb, Snapchat e altre hanno potuto affermarsi in poco tempo pur non essendo dotate di una loro struttura; senza Google, sarebbero rimaste fuori dal mercato.

La tesi è suggestiva ma infondata.

In primo luogo, la questione dell’accesso ai servizi del monopolista è gestibile normativamente.

In secondo luogo, molti sono i modi di finanziare una startup, dagli incubatori, al private equity, al crowdfunding …. Il finanziamento di startup non può essere, dunque, un motivo sufficiente per legittimare un monopolio.

Considerato che il provvedimento era atteso da tempo, la debolezza degli argomenti a difesa la dice lunga sulla sostanziale consapevolezza di Google: forse  -brava com’è a fare algoritmi- aveva già calcolato quanto avrebbe direttamente e indirettamente guadagnato, anche al netto della probabile multa UE: è il mercato monopolistico, bellezza!