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Set 2021

La rapidità con cui -sottoscrivendo digitalmente- si stanno raccogliendo centinaia di migliaia di firme per i referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis conferma che l’effettività di un diritto è direttamente proporzionale alla facilità del suo esercizio.

Il rovescio della medaglia è che l’estrema facilità e rapidità possono riflettersi sulla qualità dell’esercizio del diritto: un clic da casa propria, sull’onda emozionale del momento, potrebbe esprimere una scelta meno consapevole di quella maturata prendendosi il tempo di andare in un banchetto o in un Comune a firmare, esibendo un documento di identità e mostrando la propria faccia.

Per questo motivo già in molti si interrogano sull’opportunità di apportare dei correttivi: alzare i quorum? Tornare a sistemi meno fluidi di espressione del consenso, quantomeno per certe materie?

Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi ma chi avrà il compito di elaborarle dovrà tener presenti due dati di fatto ineludibili:

  • la tecnica non torna indietro e non aspetta il diritto, che dovrà attrezzarsi sempre più per stare al passo;
  • non si può fare affidamento sull’autoregolamentazione del soggetto interessato a massimizzare l’impiego dello strumento tecnico: che si tratti di fare profitti economici o di raccogliere firme referendarie, l’enormità dei vantaggi apportati dall’uso di massa dello strumento tecnico annienta qualsiasi remora autonoma.

E’ qui che lo Stato di diritto dovrà recuperare -o quantomeno cercare di non perdere- sovranità.

Tecnocrazia, profilazioni di massa, giustizia predittiva su base statistica non sono più visioni futuristiche ma opzioni concrete: deciderà la maggioranza, speriamo almeno con un doppio click.