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Ott 2017

Uno degli snodi più importanti di tutto il sistema privacy è quello dell’espressione del consenso all’utilizzo dei propri dati da parte dell’utente.

Da un lato le norme, e il GDPR non farà eccezione, impongono il rispetto di formalità che si traducono -alla fin fine- in testi di informative più o meno lunghi da leggere ed approvare.

Dall’altro, la maggior parte degli utenti dà il consenso saltando a piè pari la lettura dell’informativa, intuendo che un prezzo -in termini di cessione di dati ed informazioni: ma quali dati e quali informazioni?- debba essere pagato per poter usufruire della app o del servizio, nella maggior parte dei casi “gratuiti”.

Evidente, dunque, è la necessità di semplificare, allo scopo di rendere più effettiva la tutela.

Una strada potrebbe essere quella di obbligare ad offrire due profili di accesso, uno gratuito, dove il prezzo che si paga è la cessione dei dati e delle informazioni, ed uno a pagamento, dove il prezzo è il denaro, senza cessione di dati ed informazioni.

Il vantaggio sarebbe quello di rendere immediatamente intelligibile a chiunque che la gratuità non è realmente tale, creando un momento di consapevolezza difficilmente eludibile. Di fatto, è ciò che avviene già con le tessere fedeltà dei punti vendita fisici: se si vogliono accumulare punti e ricevere sconti e regali si deve fare la tessera, compilando fisicamente un modulo nel quale si esprime espressamente un consenso. Non si è obbligati a farlo: basta rinunciare a regali e sconti.

Il problema sarebbe poi quello del prezzo della app o del servizio: un prezzo troppo elevato renderebbe facilmente eludibile il precetto.

Probabilmente la soluzione non sarà questa ma una semplificazione appare indispensabile: altrimenti le informative finiranno per somigliare ai prospetti dei prodotti finanziari, risultati alla prova dei fatti palesemente inidonei al raggiungimento dello scopo per il quale sono stati concepiti.